Alimentazione per l'aumento della Massa Muscolare

Per impostare una dieta per l’aumento della massa muscolare è necessario calcolare il metabolismo basale, il dispendio energetico durante l’attività lavorativa, l’allenamento e la vita quotidiana e aggiungere quel quantitativo minimo di calorie necessarie per la crescita. Il termine “quantitativo minimo” è stato volutamente utilizzato in quanto un aumento di peso eccessivo durante il periodo off season non lo ritengo opportuno.
Per ottenere un buon risultato, bisogna rispettare due paramentri: l’apporto calorico e l’apporto proteico.
Un bilancio calorico positivo è una condizione fondamentale per avere una sintesi proteica tale da far prelevare l’anabolismo muscolare sul catabolismo. Il problema è che se l’apporto calorico è troppo elevato, oltre la sintesi proteica verrà stimolata la sintesi dei grassi, che si depositeranno sottoforma di riserva energetica nel adiposo viscerale e sottocutaneo.
Con un approccio teorico, per impostare una dieta per l’aumento della massa muscolare, bisognerebbe calcolare il metabolismo basale e quello extra basale (dispendio energetico durante attività lavorativa, allenamento, vita quotidiana) e aggiungere quel quantitativo di calorie necessarie per la crescita (circa il 10%). Il tutto poi, però, va verificato nella pratica in quanto la risposta individuale alla dieta è molto personale e va monitorata continuamente la modificazione della composizione corporea. Un aumento della percentuale di grasso corporea è accettabile se il totale non supera il 10-15% per gli uomini e il 15-20% per le donne.
Non bisogna soffermarci solo sulla quantità di calorie, ma anche sulla qualità; le calorie devono provenire prevalentemente da carboidrati ricchi di fibre a basso IG (indice glicemico) e da grassi “buoni”, e cioè monoinsaturi e polinsaturi.
Come si suddividono i macronutrienti?
Alcuni grassi, e cioè gli acidi grassi essenziali, sono necessari per l’organismo e devono essere apportati con l’alimentazione; stesso discorso per gli amminoacidi essenziali; i carboidrati possono essere forniti tramite gluconeogenesi delle proteine e dal glicerolo proveniente dai trigliceridi. I grassi sono importanti per l’assorbimento delle vitamine liposolubili, per una corretta motilità intestinale, come precursori degli ormoni sessuali e di altri tipi di ormoni.
Per coprire questa necessità, bisognerebbe apportare circa 1 g di grassi per Kg di peso, suddivisi equamente tra saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Questo quantitativo corrisponde a circa il 20-30% di una dieta normocalorica. Una volta somministrate le proteine in funzione del peso corporea, il resto delle calorie dovrà essere fornito dai carboidrati.
Ci sono delle differenze individuali da non sottovalutare in quanto ci sono individui che non tollerano bene i carboidrati (caso raro) e altri che, invece, non tollerano bene i grassi. Nel caso in cui optassimo per i carboidrati, la percentuale dovrebbe essere tra il 50-60%, scegliendo quelli a basso IG e ricchi di fibre; se si optasse per i grassi, il surplus rispetto al g per Kg va somministrato sotto forma di grassi monoinsaturi (olio d’oliva, frutta secca).
Per quanto riguarda le proteine, ricerche recenti indicano che per stimolare la sintesi proteica per circa 2-3 ore, è necessario un apporto di circa 3g di leucina a pasto. Questo vuol dire dover assumere circa 20-40 g di proteine a seconda della tipologia: 20 g del siero, 30 g da 150 g di pollo, 40 g da 200 g di fagioli. Il quantitativo giornaliero di proteine funzionale all’aumento della massa muscolare non è superiore a 2,2 g/Kg. Dosaggi superiori sono inutili, in quanto non daranno una risposta maggiore; anche consumare troppo spesso pasti proteici è un errore, in quanto esiste un periodo di refrattarietà durante il quale non c’è risposta. La situazione migliore è quella di distribuire la quota proteica in 5-6 pasti distanziati di circa 3 ore in modo da tenere sempre attiva la sintesi proteica.
Bisogna preferire proteine di origine animale: carni rosse, pesce e pollame sono alimenti particolarmente bilanciati nel contenuto di glicina, arginina e metionina.
Da alcuni studi, emerge che il fabbisogno proteico varia a seconda dello sport. Per gli atleti sollevatori di peso “elite” è necessario un apporto proteico di addirittura 3,5 g/Kg; per gli atleti di endurance 1,6 g/Kg; per gli sport di velocità 1,8 g/Kg; per gli sport di forza almeno 2 g/kg.
Durante l’esercizio fisico intenso c’è un consumo a scopo energetico delle proteine del muscolo; inoltre c’è anche un maggiore turnover proteico non solo a livello muscolare, ma anche di tutte le altre parti meccanicamente coinvolte nell’esercizio fisico (legamenti, articolazioni, tessuto osseo, sistema sanguigno).
Fonti proteiche: dagli alimenti agli integratori
Le principali fonti alimentari di proteine sono rappresentate soprattutto dagli alimenti di origine animale, come carne, pesce, uova e latticini; una discreta quota di proteine è presente anche nei vegetali come legumi (20%) e cereali (6-10%). Le proteine di origine animale hanno un valore biologico più elevato per il maggior contenuto di amminoacidi essenziali, ma hanno lo svantaggio che spesso sono associate a notevoli quantità di grassi saturi (carne rossa, uova, formaggio), al contrario degli alimenti di origine vegetale, ricchi di grassi insaturi.
In commercio esistono degli integratori proteici che danno la possibilità di aumentare l’apporto proteico senza aumentare l’assunzione di grassi. Rappresentano anche una soluzione pratica al fatto di dover consumare più pasti al giorno. Frazionare l’apporto proteico è molto importante per stimolare la sintesi proteica. L’ideale è consumare un pasto proteico ogni 3 ore circa in modo da evitare che l’organismo entri in fase catabolica “autocannibalizzando” il muscolo. E’ ovvio che devono esistere condizioni ormonali, metaboliche e meccaniche per tradurre la sintesi proteica in nuova massa muscolare, e questo è compito dell’allenamento. Si deve, quindi, raggiungere una condizione di amminoacidemia che stimoli questi fattori di crescita. Le proteine del siero del latte sono quelle che vengono assorbite più rapidamente e che sono in grado di causare un livello farmacologico di amminoacidi chiamato iperamminoacidemia, in grado di incrementare la sintesi proteica. Queste proteine, però, vengono metabolizzate altrettanto velocemente, e nel giro di poco tempo l’amminoacidemia si abbassa drasticamente. Viceversa, le caseine sono assorbite più lentamente, per cui mantengono un discreto livello di amminoacidi che, anche se non riesce a stimolare la sintesi proteica, sono in grado di rallentare il catabolismo. Se si scegli di sostituire uno spuntino con una miscela di proteine, è bene scegliere una combinazione di proteine del siero e caseine. Il consumo di questo mix proteico è ideale anche prima di andare a dormire, per evitare che i muscoli entrino in fase catabolica. Se poi, uno ha l’abitudine di alzarsi durante la notte, può consumarne un’altra porzione. Appena alzati la mattina, è ideale consumare una porzione di proteine del siero per innalzare l’amminoacidemia e attivare velocemente l’anabolismo.
Distribuzione proteica durante la giornata
Colazione
30-40 g di proteine del siero + colazione normale a base di albumi, cereali, frutta fresca e secca a guscio.
Spuntino metà mattina
Una o due barrette proteiche (proteine già abbinate ai carboidrati) o 20-30 g di proteine del siero e caseine associate a uno o due frutti.
Pranzo
Primo a base di carboidrati + secondo proteico (non più di 200 g per non appesantire la digestione) + verdura + un cucchiaio di olio EVO.
Spuntino metà pomeriggio
Come lo spuntino di metà mattina.
Spuntino post allenamento
30-40 g di proteine del siero associate a carboidrati semplici a veloce assorbimento.
Cena
Come il pranzo, ma con un contenuto di carboidrati inferiore, se è stato assunto un quantitativo importante durante lo spuntino post allenamento, in quanto non abbiamo bisogno del loro supporto energetico, e un eventuale eccesso porterebbe alla loro trasformazione in grasso.
Spuntino prima di andare a letto
30-40 g di caseine associato, eventualmente, a un frutto non molto calorico (ananas, fragole, kiwi), per apportare un po’ di fruttosio che favorirà la formazione di glicogeno epatico che contribuirà a mantenere la glicemia costante con un ulteriore effetto anticatabolico.
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